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Basta, vado a fare SEO all’estero, qui in Italia è un lavoro del quale non viene percepito il valore!

Quante volte hai pensato o detto una cosa simile? In fondo è vero, le attività di ottimizzazione sui motori di ricerca non sono di semplicissima comprensione per il cliente-tipo e di certo variare la localizzazione del target male non fa.

Voglio essere presente sui risultati italiani, inglesi e spagnoli

Non si tratta di una barzelletta a sfondo SEO ma della richiesta di un cliente che ha travalicato i confini nazionali. Se poi non ti è mai capitato di operare al di là delle Alpi, va da sé che risulta complesso riuscire ad abbozzare una strategia per un mercato di cui non conosci le persone. Si, perché stai vendendo a delle PERSONE, le quali fanno delle ricerche dietro le quali bisogna andare per capirne le intenzioni.

Senza fare psicologia spicciola, un utente italiano cerca diversamente da uno tedesco, #perdire

Differenze fra SEO in Italia e all’estero

Affrontiamo per punti, che piacciono tanto a qualsiasi latitudine, le differenze fra la SEO in Italia e all’estero.

  1. Non esiste un generico “estero”.
    Ho ancora negli occhi la lista di paesi dove un prospect voleva essere presente. La classica startup piena di sogni ma con poco senso pratico: erano quasi tutti esotici, e credo di avervi visto anche il Kamcatka (quello del Risiko). Si trattava di un piano poderoso e molto dispendioso, anche di ottimizzazione e localizzazione su motori di ricerca molto diversi fra di loro. Parlare di un generico “estero” è quantomeno miope, dunque.
  2. Il budget.
    I budget per la SEO, ad esempio sul generico mercato in lingua inglese, non possono essere gli stessi che per l’ottimizzazione della SERP italiana, ovvero di una zona “provinciale” nella net-economia. Non fosse che per il numero di utenti che effettuano ricerche su Google, e dall’altra parte, per una competizione senza confini.
    Per dirla con una metafora calcistica: se in Serie A ti attrezzi per vincere il campionato, non è detto che automaticamente sei pronto per la Champions League.
  3. Il copywriting.
    La parola d’ordine non è tradurre ma localizzare. Fermo restando che siamo entrambi d’accordo a definire Google Translate e compagnia di certo un servizio non congruente a questo scopo, se il contenuto è Re per essere Zar (se per esempio lavori sul mercato russo) non puoi che affidarti a chi può realizzare dei testi che siano fantastici nella lingua dell’utente di destinazione.
  4. L’user experience.
    Devi sviluppare un progetto Web con la stessa cura e tenendo conto di un utente che potrebbe avere anche un tipo di navigazione diversa dalla tua. Devi quindi saperlo rispettare se vuoi che giunga in fondo al funnel e compia l’azione che ti sei preposto. Del resto, anche tu da utente quanto ti fideresti di siti tradotti a metà o che non rispecchiano la consueta navigazione che hai di solito?
  5. Google o non Google?
    Siamo abituati a fare SEO come sinonimo di SEO per Google. Per gran parte dei paesi europei è così, ma cosa succede se ti trovi a operare in un mercato dove la grande G. non ha il primato e ti trovi di fronte a altri motori di ricerca (es. Yandex per la Russia, Baidu per la Cina, Bing e Yahoo che ancora detengono quote in USA)? Sai come fare ottimizzazione per questi search engine?

Come vedi fare SEO per l’Italia è ben diverso che operare per l’estero 🙂 E tu, se hai esperienza, quante differenze hai notato?