Strategia e esecuzione in Google AdWords

Si scrive spesso di strategia, molto poco di esecuzione.

Perché scrivere di strategia è, se vogliamo, più semplice. Ci fa, in un certo senso… sognare. Articoli e guide e casi di studio che raccontano il successo e le performance di questo e di quel progetto. Sembra tutto a portata di mano.

Parlare di esecuzione, invece è più complesso. Appare poco interessante affrontare quelli che possono essere meri errori di esecuzione tecnica, legati spesso alle piattaforme o a linee di codice caricate sul proprio sito.

Ciò nonostante, la verità è che quando le strategie falliscono è perché non sono state correttamente eseguite, non perché siano intrinsecamente deboli.  Così, oggi voglio raccontarti cinque motivi per cui la tua strategia di advertising in Google AdWords può essere messa a rischio da un’esecuzione approssimativa.

1. Fai uso di test A/B, ma li interrompi troppo presto.

In campo ADV, testare è d’obbligo. Lo sappiamo. Così, ci insegnano che predisporre opportuni test A/B su, beh, praticamente ogni aspetto delle nostre campagne è fondamentale.

Il problema nasce nel momento in cui non teniamo conto della rilevanza statistica. Ovvero, tenere d’occhio il momento in cui il numero di dati raccolti diventa sufficiente a rendere il risultato indipendente da un errore casuale.

Detta in modo ancora più semplice: valutare la migliore resa tra due annunci, il primo con 100 impressioni e 7 conversioni e il secondo con 150 impressioni e 12 conversioni non è così banale. A differenza di quanto potresti pensare, l’apparente vittoria del secondo annuncio rispetto al primo non è (ancora) statisticamente rilevante.

Esistono molti tool in rete in grado di valutare con un paio di informazioni la rilevanza statistica di un’insieme di dati di questo tipo. Il più comodo è offerto da Kissmetrics.

2. Usi elenchi di remarketing, costruiti in modo preciso

Sembra quasi che tutti oggi parlino di remarketing. Da un lato, da clienti, abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa significhi essere inseguiti da annunci di prodotti e servizi che abbiamo già visto (e forse anche già acquistato). Dall’altro, da advertiser, sembra piuttosto semplice gestire una minima strategia di remarketing raccogliendo gli utenti in visita al nostro sito, con qualche piccolo intervento sul codice.

Ecco il segreto: una strategia di remarketing non serve a nulla se non è resa estremamente capillare. Ovvero, attingendo a dati quanto più precisi sui nostri utenti, costruendo molto più di un paio di liste.

Spesso, l’esecuzione di una buona strategia di remarketing è vincolata dal rapporto con chi materialmente si occupa di intervenire sul codice. Se fino a qualche tempo fa era necessario costruire diversi codici per diversi elenchi (pensiamo solo all’approccio che AdWords ha tenuto per diversi anni in merito) oggi è apparentemente più semplice erogare sul sito un unico codice e gestire poi la segmentazione delle liste direttamente a monte, sulla piattaforma.

Tuttavia, anche lasciando guidare parecchio AdWords, l’effettiva correttezza delle informazioni ricevute in lista è ancora determinata da quanto correttamente il codice venga implementato. Se poi attingiamo a elenchi di pubblico costruiti in Analytics, le cose si complicano parecchio. Un errore nella segmentazione degli utenti, o nella raccolta dei tracciamenti e-commerce può tramutarsi in un effetto a cascata che risale sino agli elenchi di remarketing a cui facciamo riferimento nell’erogare i nostri annunci.

La soluzione? Per quanto noiosa, assicurarsi periodicamente che i dati ricevuti corrispondano su tutti i fronti. Partendo da Analytics e dai suoi tracciamenti più spiccatamente commerciali (i dati di vendita) sino alla costruzione di elenchi per la loro importazione in AdWords. Un’incongruenza su ciascuno di questi fronti potrebbe non emergere abbastanza in fretta per evitare il deragliare di una buona strategia.

3. Non consideri campagne “limitate dal budget” un potenziale problema

Sul budget (spesso) non si discute. Così, nel tempo, ci siamo quasi abituati a guardare a campagne indicate da AdWords come “limitate dal budget” senza coglierne il reale significato strategico.

Una campagna indicata come limitata per via del poco budget disponibile è un potenziale problema perché indica l’incapacità della campagna di arrivare al target in modo omogeneo, rendendola molto più suscettibile a fluttuazioni difficilmente prevedibili. E questo dovrebbe scatenare alcune domande.

In primo luogo: siamo sulla strada giusta? Se, per esempio, una campagna in Rete Ricerca è costantemente limitata dal budget, significa che sto cercando di affrontare un panorama così ampio che la mia offerta, sulle mie parole chiave, nella mia zona non è sufficiente a darmi una visibilità costante.

In AdWords, tra le colonne personalizzate, possiamo fare uso di alcune utili metriche sulla concorrenza, in particolare sulle “Quote impressioni”. Due tra le colonne più utili in questo senso sono:

  • QI persa (budget) nella Rete di Ricerca
  • QI persa (budget) nella Rete Display

Questi valori rappresentano, in percentuale e rispettivamente per la Rete Ricerca e la Rete Display, quante volte i nostri annunci non sono comparsi al target (lasciando campo libero a un competitor) a causa della mancanza di budget.

La soluzione? Dove abbiamo un problema di budget (e non abbiamo altro budget) fare un passo indietro, capendo se stiamo cercando di puntare troppo in alto. E se con le stesse energie, per iniziare, non potremmo invece dedicarci a un keyword set più ristretto o a una zona geografica più limitata.

4. Guardi alle keyword, non ai termini di ricerca

Un altro errore frequente è considerare il primo keyword set scelto come il migliore in assoluto, scordandoci di tenere d’occhio effettivamente i termini di ricerca.

Se in AdWords, nella sezione Keyword di una campagna in Rete Ricerca possiamo attivamente acquistare uno o più termini, è poi all’interno della sezione Termini di Ricerca che ci accorgiamo di come, effettivamente, gli utenti abbiamo deciso di muoversi in Google generando visualizzazioni dei nostri annunci. Come gli utenti pensano.

Idealmente, keyword e termini di ricerca generano un circolo virtuoso. Un continuo fluire di informazioni che, per l’advertiser, sono preziose per correggere il tiro e andare a modificare, anche pesantemente, l’architettura delle proprie campagne nel tempo.

Immagina di aver acquistato una serie di termini a corrispondenza a frase, su cui l’utente è dunque libero di aggiungere (prima o dopo del termine) ulteriori keyword e vedersi comunque mostrato l’annuncio. Nel tempo, potrai rilevare un trend di ricerca capendo effettivamente come le persone pensano quando vanno alla ricerca di un prodotto o servizio come il tuo. Otterrai ricerche dotate di maggiore (più lunghe, più complesse) o minore (generiche, molto brevi) intenzione d’acquisto. È su questo reale confronto con il target che sarà necessario tarare la propria strategia.

5. Non tieni conto delle opzioni di località

Un ultimo errore piuttosto frequente è legato alle opzioni di località. Ovvero, non tenere conto della differenza sostanziale tra:

  • Località fisica
  • Località di interesse

Le opzioni di località avanzate per una campagna in Google AdWords dividono in fatti le opzioni di target in inclusione e esclusione tra:

  • Utenti che si trovano nella mia località target, eseguono ricerche su di essa o mostrano interesse per tale località
  • Persone nella mia località target
  • Utenti che stanno cercando la mia località target

La prima opzione, consigliata dal sistema, non è in realtà affatto la migliore. Immagina di voler promuovere un ristorante a Torino e di aver progettato una buona campagna in Rete Ricerca, che identifica i termini chiave che rendono unico il tuo locale.

Una realtà di questo tipo, naturalmente, avrà tutto l’interesse a colpire un pubblico di prossimità, evitando (o delegando a campagne del tutto diverse) di cogliere utenti troppo lontani per poter fisicamente pensare di raggiungere il luogo. Questa scelta potrebbe naturalmente dipendere da esigenze strategiche o di budget: per il momento seguiamo questa ipotesi.

Scegliendo semplicemente la prima opzione, ovvero “Utenti che si trovano nella mia località target, eseguono ricerche su di essa o mostrano interesse per tale località” andremo a mostrare annunci a qualunque utente si trovi fisicamente nella località target, oppure abbia manifestato un interesse per essa. E qui sta il punto. Per esempio attraverso i termini usati nelle ricerche, i contenuti che hanno visualizzato online o, semplicemente, se si sono trovati recentemente nella località designata. Non l’ideale per poter mantenere altamente focalizzata l’intenzione dell’utente.

Esecuzione da manuale

Quelli che trovi riportati sono solo cinque dei casi più comuni per cui, stabilita un’eccellente strategia, il rischio che questa si infranga contro errori di esecuzione diventa alto.

Scendere a fondo nello strumento può sembrare noioso. Sopratutto in piattaforme ormai consolidate come Google AdWords sfogliare decine e decine di pagine di manuale disponibili per anche solo una semplice opzione può sembrare insormontabile per chi si avvicina oggi all’advertising. Eppure, è questa stessa complessità degli strumenti che ci permette di diventare sempre più in grado di erogare, davvero da manuale, le nostre tanto pianificate strategie.